Dal 15 marzo al 14 aprile i Muta Imago tornano a Inteatro per un nuovo periodo di ricerca con il progetto Displace

Reduci dal 29° Fadjr International Theater Festival di Teheran, nel quale hanno ottenuto il premio come “miglior regia” con Displace # 1 La rabbia rossa, la compagnia dà il via ad una nuova fase del progetto intitolata Rovine, performance incentrata sul cambiamento in atto nella nostra civiltà e in noi stessi, cambiamento che lascia un senso di smarrimento nello scoprirsi orfani di un passato al quale sentiamo di non appartenere e un senso di incertezza per un futuro che non riusciamo a fare nostro.

L’intero progettoDisplace si concluderà nell’autunno 2011.

Le prime due performance, Displace # 1 La rabbia rossa e Displace # 2 Rovine, saranno presentate quest’Estate a Polverigi, nell’ambito di InteatroFestival 2011.

Le rovine ci circondano.

Rovine private e pubbliche, personali e condivise. Rovine di una civiltà, la nostra, che non riesce più a dettare i suoi tempi e il suo respiro, circondata da forze che diventano sempre più grandi e inconoscibili, che premono ai confini ogni giorno di più. La sensazione è quella di essere al centro di un grande cambiamento. Con un piede su un passato che non possediamo più e l’altro su un futuro che non riusciamo a immaginare, viviamo in un presente fatto di edifici, case e pensieri che si trasformano rapidamente nei loro stessi resti, senza che nulla, almeno per ora, riesca a sostituirli.

Oggi, in noi e intorno a noi, in chi ci è vicino, leggiamo comprensione e smarrimento. Comprensione, chiara, della sottrazione che sta avvenendo: smarrimento rispetto alle scelte da fare perché non si venga ingoiati dal vuoto che ne consegue. Chi può, chi ha il coraggio o la codardia per farlo, parte, va via, intraprende un viaggio nella speranza di un futuro, impossibile, ritorno al punto di partenza.

Noi, dal centro di questo sgretolamento lanciamo un urlo: un urlo per tutto quello che si è perso, un urlo per le strade che stiamo per intraprendere e per le distanze che dovremo percorrere.

Un urlo che è anche canto, elegia: un urlo che cerca disperatamente di creare una sospensione, un oblio temporaneo di passato e futuro, uno spazio di riposo tra la memoria e l’attesa, un luogo che possa assomigliare alla felicità, alla possibilità.

Un’ultimo, disperato attacco di fronte alla rovina.

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